Manutentore caldaia

I recenti casi di cronaca hanno riportato l’argomento al centro dell’attenzione. Ecco cosa dice la legge a proposito delle responsabilità del conduttore, dell’installatore e del manutentore dell’impianto

Il drammatico incidente accaduto nei giorni scorsi a Roma allo scrittore e divulgatore scientifico Valerio Massimo Manfredi e alla scrittrice Antonella Prenner, gravemente intossicati dal monossido di carbonio, impone una lunga serie di riflessioni in merito alla corretta manutenzione degli impianti di riscaldamento e alle responsabilità civili e penali degli installatori e dei soggetti a cui è demandata la responsabilità degli impianti. Premettendo che c’è una inchiesta in corso e che l’accertamento delle eventuali responsabilità è compito della magistratura, vanno sottolineati alcuni aspetti.

Il primo è che la responsabilità della sicurezza e dell’efficienza energetica di un impianto è del “conduttore” dell’impianto stesso, il proprietario dell’appartamento nel quale l’impianto è installato o l’affittuario. Il proprietario, o l’affittuario, è tenuto per legge ad adottare le misure necessarie per conservare le caratteristiche di sicurezza dell’impianto tenendo conto delle istruzioni d’uso e manutenzione fornite dall’impresa installatrice o dal fabbricante delle apparecchiature.  Il secondo è che, lo dice la legge, chi commissiona un lavoro su un impianto è tenuto ad affidare i lavori di installazione, trasformazione, ampliamento e manutenzione straordinaria a imprese abilitate ai sensi del D.M. 37/08.

Chiariti questi due fondamentali aspetti, va sottolineato che “al termine dei lavori, previa effettuazione delle verifiche previste dalle norme vigenti, comprese quelle di funzionalità, l’impresa installatrice rilascia al committente la Dichiarazione di conformità degli impianti realizzati nel rispetto delle norme” (art. 7 D.M. 37/08). Della Dichiarazione di conformità, è bene specificarlo, fanno parte integrante la relazione contenente la tipologia dei materiali impiegati nonché il progetto o, per impianti al di sotto di una determinata soglia di potenza, lo schema dell’impianto. 

Tutto ciò significa che l’applicazione della norma (in questo caso la UNI-CIG 7129:2015) è condizione sufficiente per ottemperare agli obblighi di legge. “Il mancato rispetto della norma – spiega Guido Pesaro, Responsabile Nazionale CNA Installazione Impianti – può costituire reato penale, che è sempre personale”. In pratica, il legale rappresentante dell’impresa e il Responsabile Tecnico che ha firmato la Dichiarazione di Conformità dell’impianto rimangono personalmente responsabili, senza limiti di tempo, per un infortunio verificatosi per un difetto di installazione dell’impianto. Si può essere perseguiti penalmente per disastro colposo (art 434, c.p.), lesioni colpose (art. 590, c.p.) ed omicidio colposo (art. 589, c.p.). “Un aspetto che merita di essere maggiormente conosciuto – prosegue Pesaro – è che l’installatore è un soggetto privato che esercita un servizio di pubblica necessità e che Dichiarazione di Conformità e Dichiarazione di Rispondenza sono considerati Atto pubblico”.

Quali sono allora i rischi di chi sottoscrive Dichiarazioni di Conformità alla regola dell’arte pur sapendo che l’impianto conforme alla regola dell’arte non è? 

Guido Pesaro6Innanzitutto – sottolinea il Responsabile degli impiantisti CNA – se l’installatore rilascia la DI.CO. prima di aver terminato l’impianto dichiara il falso (Art. 481 c.p. «Falsità ideologica commessa da persone esercenti un servizio di pubblica utilità»). Inoltre, se l’impresa non realizza un impianto a regola d’arte, non consegna la dichiarazione di conformità o consegna una dichiarazione di conformità mendace può essere perseguito per frode in commercio (Art. 515 c.p. «Per aver consegnato una ‘cosa mobile’ [per l’art. 812 c.c. è l’impianto elettrico] diversa da quella dichiarata») e falso ideologico (Art. 483 c.p. «Falsità ideologica commessa da privato in atto pubblico»). Se poi accade un Infortunio la cui causa sia riconducibile ad un vizio o difetto dell’impianto si può essere perseguiti per lesioni personali colpose o, se l’incidente provoca delle vittime, per omicidio colposo”.

Su questo, la giurisprudenza si è già espressa in modo chiaro. Una sentenza della Corte di Cassazione (Quarta Sezione Penale, 13 dicembre 2012, n. 48229) ha chiarito che un manutentore consapevole del malfunzionamento di una caldaia ha l’obbligo di impedirne l’uso. Se non lo fa può incorrere nel reato di lesioni personali colpose aggravate. Il solo fatto di aver lasciato libero il cliente di utilizzare una caldaia potenzialmente dannosa, in quanto dotata di un componente non originale – ha stabilito la Corte – costituisce una grave imprudenza, fonte di responsabilità, e l'eventuale effettuazione di una perizia tecnica in sede dibattimentale appare del tutto ininfluente. “Ecco perchè non ci stancheremo mai – conclude Pesaro – di raccomandare ai cittadini di affidarsi solo ed esclusivamente a installatori abilitati, e agli installatori di operare con coscienza e professionalità”.

Del resto nel settore impiantistico la “Professionalità” è praticamente un obbligo di legge. L’art. 1176 del Codice Civile parla infatti di diligenza qualificata; vuol dire che, ad esempio e contrariamente a quanto purtroppo accade troppo di frequente, la scelta dei materiali è responsabilità dell’installatore.

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