REPowerEU segna un’ulteriore svolta epocale nel processo di decarbonizzazione e pone il comparto degli impianti termici al centro della transizione ecologica. Le linee guida sul risparmio energetico pubblicate dalla Commissione europea prevedono un abbandono graduale delle caldaie a combustibili fossili “autonome” (più precisamente, non assistite da fonti rinnovabili), da concludere entro il 2029, insieme al loro declassamento nelle etichette sulla performance energetica.

Anima Confindustria e le sue associazioni federate Assoclima (associazione dei costruttori di sistemi di climatizzazione) e Assotermica (associazione dei produttori apparecchi e componenti per impianti termici) assumono quindi un ruolo di grande responsabilità nel guidare le imprese in questo processo.

In particolare, all’interno del REPowerEU, fa discutere il passaggio che richiede di "inasprire i requisiti nazionali dei sistemi di riscaldamento per gli edifici esistenti, affrontando le grandi ristrutturazioni e le sostituzioni delle caldaie e l'allacciamento a efficienti sistemi di teleriscaldamento nelle aree densamente popolate". Parallelamente, viene introdotto l’obbligo di raddoppiare la diffusione delle pompe di calore e di installare pannelli solari su nuovi edifici pubblici e commerciali e nuovi edifici residenziali.

L'inasprimento della normativa sulle caldaie

Un argomento che tocca in maniera particolare i costruttori di caldaie rappresentati da Assotermica. "Innanzitutto chiariamo che siamo in una fase d’indirizzo e ci dovranno essere ulteriori passaggi istituzionali" commenta Alberto Montanini, presidente di Assotermica "per cui molte cose potranno ancora cambiare. Poi, certamente, la riduzione delle emissioni è una priorità per tutti, ma per farlo realmente e raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione riteniamo che si debba abbracciare un approccio multi-tecnologico e multi-energetico. Il principio di diversificazione delle fonti di approvvigionamento deve trovare riscontro in un’analoga valorizzazione delle tecnologie che concorrono agli obiettivi di decarbonizzazione. Per questo motivo rigettiamo un approccio ideologico che vieti indiscriminatamente l’immissione sul mercato degli apparecchi a gas senza considerare che vi sono interi comparti industriali che hanno lavorato e stanno tuttora lavorando intensamente allo sviluppo di tecnologie “green gas ready”, ovvero pronte a funzionare con miscele crescenti di biocombustibili e idrogeno. Tali tecnologie sono pronte o pressoché pronte per l’immissione sul mercato e per contribuire, in maniera decisiva, alla decarbonizzazione e alla riduzione delle emissioni inquinanti.

In questo senso, il gas continuerà ad essere ancora importante per il settore del riscaldamento per molti anni. Dovrà essere sempre più green in tutte le applicazioni, ma non potrà essere escluso dal processo di transizione energetica, sia perché in prospettiva esso stesso potrà essere almeno in parte rinnovabile, sia perché tutti gli scenari di decarbonizzazione, anche quelli più orientati verso l’elettrificazione, ne prevedono una quota di utilizzo rilevante anche in futuro in un’ottica di sostenibilità dei sistemi energetici. Teniamo conto anche di come sta crescendo il mercato degli apparecchi ibridi, che integrano in una soluzione intelligente e factory made le migliori performance dei sistemi a combustione e di quelli a pompa di calore e le cui potenzialità sono solo ancora all’inizio".

Il ruolo delle pompe di calore

Si esprime sul tema anche il presidente di Assoclima, Luca Binaghi: "I divieti paventati dal REPowerEU non riguardano direttamente le nostre tecnologie. Al contrario, il documento in questione riconosce alle pompe di calore un ruolo sempre più importante per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione. Le misure contenute nel piano REPowerEU ci trovano completamente d’accordo: siamo convinti che costituiranno un indirizzo strategico fondamentale per tutto il comparto che rappresentiamo e daranno un nuovo impulso sia al mercato che alle tecnologie innovative, rafforzando la crescita economica dell’Europa con ricadute positive anche in termini di lotta ai cambiamenti climatici e di indipendenza energetica.

Le previsioni di crescita implicate dalla strategia - prosegue Binaghi - sono chiare: 10 milioni di pompe di calore installate in Unione europea nei prossimi 5 anni e 30 milioni al 2030, che vedono l’Italia diventare uno dei mercati più importanti. Uno scenario che comporta la necessità stringente di lavorare sulla coerenza tra normative europee e nazionali, su meccanismi di incentivazione ulteriormente premianti per le pompe di calore, sulla formazione dei professionisti e sulla valorizzazione di tecnologie sempre più intelligenti e flessibili che siano in grado di dialogare con la rete elettrica. Consideriamo anche che è stato recentemente pubblicato il Regolamento delegato europeo che definisce una metodologia di calcolo della quantità di energia rinnovabile usata per il raffrescamento e questo non potrà che essere un ulteriore impulso alla crescita delle pompe di calore in ottica di raggiungimento dei target 2030".

"Quello che è certo - concludono di comune accordo sia Binaghi che Montanini - è che uno dei problemi con i quali ci siamo sempre scontrati è stato quello di far seguire ai grandi proclami delle regole chiare e stabili nel tempo. Se siamo veramente convinti che questa sia la decade decisiva, e non potrebbe essere altrimenti, allora dobbiamo svoltare anche sotto questo punto di vista, tenendo conto di avere dalla nostra un’industria che eccelle a livello internazionale nel complesso mondo della climatizzazione".

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