Da diversi giorni si discute molto del presunto legame tra aria condizionata e diffusione del virus SARS-CoV-2. Un articolo comparso di recente su una rivista statunitense ha destato l’allarme, ma, come ha affermato il prof. Giovanni Rezza, epidemiologo e Dirigente di ricerca dell'Istituto Superiore di Sanità, “il titolo era fuorviante perché affermava che il virus si era trasmesso in un ristorante in Cina attraverso l’aria condizionata”, mentre poi si è visto che le persone infettate appartenevano a famiglie che stavano su tavoli vicini, distanziati a più di un metro, e l’aria condizionata aveva fatto in pratica da “effetto vento”, spostando le goccioline di saliva a distanza. Intervistato ad Agorà su Rai3, Rezza ha precisato che “si è trattato di un caso eccezionale, non è stata l’aria condizionata in sé a trasmettere il virus”.

“Non è provato che l’aria condizionata possa aerosolizzare il virus in un ambiente con persone positive e trasmetterlo a distanza”

Dello stesso parere anche il prof. Pier Luigi Lopalco, epidemiologo e Consigliere scientifico della Regione Puglia, che è intervenuto sul tema nella puntata del 6 maggio della trasmissione radiofonica “Circo Massimo,” in onda su Radio Capital:

Mentre in casa l’aria condizionata non ha nessun tipo di effetto sulla trasmissione del virus, il problema nei locali pubblici potrebbe derivare dai flussi d’aria creati dai condizionatori e dai ventilatori, che potrebbero spostare le goccioline infette oltre il fatidico metro di distanza.

Il problema è comunque molto limitato perché negli ambienti pubblici gli impianti sono progettati in modo da immettere aria esterna di rinnovo che riduce la concentrazione di inquinanti e, nei casi in cui si utilizzi in parte anche aria ricircolata, sono dotati di sistemi di filtrazione.

 

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