Le nuove regole sull'accensione dei riscaldamenti entreranno in vigore entro fine mese e vedono il Paese diviso da nord a sud in 6 zone climatiche

Come anticipato già ieri, il MiTE ha pubblicato un Regolamento allo scopo di "realizzare da subito risparmi utili a livello europeo a prepararsi a eventuali interruzioni delle forniture di gas dalla Russia". All'interno del regolamento l'Italia viene divisa in 6 zone climatiche che prevedono una stretta sul riscaldamenti che non interessa ospedali e case di ricovero, con un’impostazione “a macchia di leopardo”: più incisiva per i comuni che sorgono nelle aree più calde dell’Italia, come la Sicilia e più soft su quelli più freddi, a partire da quelli dell’arco alpino. Nel concreto quindi il territorio nazionale, in base alla media delle temperature giornaliere, si divide in: zona A  che rappresenta i comuni con gradi-giorno inferiori a 600; la zona B con gradi-giorno tra 600 e 900; zona C tra 901 e 1400 gradi-giorno, zona D (tra 1401 e 2100), zona E (tra 2101 e 3000) ed infine zona F che comprende i comuni con gradi-giorno superiori a 3000.

In queste sei zone la durata giornaliera di accensione sarà:

  • Zona A: ore 5 giornaliere dal 8 dicembre al 7 marzo;
  • Zona B: ore 7 giornaliere dal 8 dicembre al 23 marzo;
  • Zona C: ore 9 giornaliere dal 22 novembre al 23 marzo;
  • Zona D: ore 11 giornaliere dal 8 novembre al 7 aprile;
  • Zona E: ore 13 giornaliere dal 22 ottobre al 7 aprile;
  • Zona F: nessuna limitazione.

Il regolamento non convince le associazioni di settore

In una nota ieri Assoutenti boccia senza mezzi termini il piano energetico del ministro Cingolani e lancia l'allarme: "Le disponibilità attuali bastano a coprire fabbisogno invernale solo per 45 giorni. Da gennaio sarà caos".

Come noto i depositi di gas coprono il 20% circa del fabbisogno annuale del nostro paese, e attualmente gli stoccaggi si sono fermati a all’82,56%, circa 15 miliardi di metri cubi a disposizione di famiglie e imprese a fronte di consumi di gas che, nella stagione invernale, sfiorano i 400 milioni di metri cubi al giorno – spiega Assoutenti – Se da un lato la dipendenza dal gas russo è scesa dal 40% al 18%, dall’altro i prezzi altissimi e le strategie di diversificazione delle fonti di approvvigionamento avviate dal Governo (Algeria, Azerbaijan e rigassificatori), hanno permesso di sostituire solo 17 dei 29 miliardi di metri cubi di gas importati dalla Russia e bloccato il mercato del gas, perché le aziende fornitrici non sono in grado, tranne pochissime, di acquistare gas ai prezzi TTF e con le fideiussioni d’oro da pagare.

I mancati acquisti a cui potrebbe aggiungersi un eventuale stop alle forniture da parte di Mosca, non permetteranno al paese di superare indenne l’inverno, e con le disponibilità attuali già a gennaio l’Italia andrà in default energetico.

“Il Governo deve dire la verità e fare una vera operazione “glasnost” rendendo pubblico quanto gas le aziende hanno acquistato e a che prezzo, e dicendo chiaramente quale è la reale situazione del gas in Italia e le misure che intende adottare per far fronte all’emergenza – afferma il presidente Furio Truzzi – Il piano energetico di Cingolani appare invece fumoso e inadeguato ad affrontare in sicurezza il prossimo inverno, e non garantisce trasparenza su prezzi e approvvigionamenti a famiglie e imprese”.

 

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